Es 1,15-22: Il coraggio di due donne (quarta parte)

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Suspense…

Il timore di Dio, vincente, in questo episodio, non ferma il disegno omicida del Faraone che, anzi, diventa ancor più micidiale (v. 22). Solo ora egli dà l’ordine al suo popolo e la richiesta di brutalità, di violenza e di morte diventa esplicita: l’uccisione pubblica di tutti i neonati maschi. Avevamo notato all’iniziato i «lavori forzati»; in seguito l’oppressione mira a non far nascere i maschi; adesso – e siamo al culmine – «ogni figlio maschio che nascerà agli ebrei, lo getterete nel Nilo…» (Es 1,22).

Il narratore innesca una suspense: se i primi due tentativi (l’oppressione e l’eliminazione) sono andati falliti, che ne sarà di questo terzo comando? Viene chiamato in causa il Nilo… Fagociterà i maschi che vi getteranno, oppure – in qualche modo – anch’esso contribuirà al progetto di Dio, salvando dalle acque?

Il capitolo termina con una nota di cattivo auspicio. Chiunque può immaginare quel che potrebbe accadere nel futuro già potenzialmente disegnato da un decreto così scellerato e mortale. Dato il fallimento della politica del re d’Egitto fino a questo punto, il coraggio e l’astuzia umana che ha inciso positivamente sugli avvenimenti e il Dio creatore e determinato, c’è motivo per fare spazio alla speranza. Ma non c’è alcuna parola nel testo che possa suggerire che questo futuro sarà modellato da quanto Dio opererà. Il narratore non ci risparmia, quindi, il mondo delle tenebre in cui vive il popolo dei figli di Israele, paradigma di tante schiavitù di cui è stato pieno ed è pieno il mondo. Ma, insieme, ci mostra anche con discrezione che le ironie della storia sono in realtà le fila tenute dalla Provvidenza. Dio, quale personaggio principale deve ancora entrare in scena; tuttavia sta già dirigendo la trama della storia in maniera nascosta. Mirabilmente, dunque, viene preparata la narrazione successiva di Mosè.

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