Salmo 5. Porgi l’orecchio alle mie parole (prima parte)

Testo

L’invocazione «Al mattino scolta la mia voce» (v. 4) richiama lo sfondo del salmo 3: la preghiera del mattino. La sua tonalità però è quella della supplica contro le amarezze dell’esistenza che proprio al mattino si acuiscono.

Il salmo segue lo schema tripartito della supplica. Incorniciata dall’introduzione (vv. 2-3) e dalla finale (vv. 12-13) la lirica da voce a tre personaggi diversi. Nei vv. 4-7 è di scena il Tu di Dio che rifiuta ogni connivenza e complicità con il male. Nei vv. 8-9 si presenta l’io dell’orante che si sente protetto dalle due virtù divine: il hesed, cioè la fedeltà amorosa di Dio, e la sedeq, la giustizia che salva. Gli empi, i terzi personaggi, sono descritti nel loro comportamento morale e giudicati da un’aspra invettiva (vv. 10-11). Tralasciando l’introito e la finale, fissiamo l’attenzione sul cuore del salmo: i versetti 4-11.

Il «Tu» di Dio

Secondo la tradizione biblica il momento più propizio per l’esaudimento è l’alba. Il fedele espone la sua richiesta per l’ultima volta e si mette in attesa della risposta divina che normalmente veniva comunicata nel tempio da un sacerdote tramite l’oracolo. L’alba diventa per il fedele non solo l’inizio di una nuova giornata, ma anche di una nuova storia sancita dalla parola di Dio. La radice della speranza si fonda sulla qualità stessa del Signore, descritta nei versetti 5-7. Egli è un Dio profondamente legato alla giustizia, ostile a tutti coloro che si compromettono con il male, che si abbandonano alla idolatria. La menzogna è idolatria. Così gli stolti non potranno tollerare nemmeno la vista di Dio. Lo stolto nella Bibbia è colui che fonda solo su se stesso il proprio futuro. Per questo è disposto a qualsiasi compromesso anche con il male.

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