Il Vangelo della Risurrezione secondo San Giovanni

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1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Il passo di Gv 20,1-10 è l’inizio del capitolo 20 del vangelo di Giovanni dedicato all’evento della Risurrezione. Seguono gli incontri del Risorto con la Maddalena (Gv 20,11-18), con i discepoli (Gv 20,19-23) e con Tommaso (Gv 20,24-29), fino alla prima conclusione del libro (Gv 20,30-31). Ha, quindi, il carattere del momento iniziale, quando ancora non è chiara la percezione di un evento inaudito, il quale richiede un itinerario di comprensione e di conversione tutto da stabilire e decifrare. Giovanni mette il lettore nella condizione di arrivare per primo sul luogo dell’accaduto, sapendo che è importante non rovinare le tracce e avere l’osservazione acuta di ogni elemento e buona capacità d’intuito su come possano essersi svolti i fatti.

La ricognizione dei testimoni oculari non riguarda, in questo caso, l’evento in sé. Nessuno ha potuto vedere un soggetto in azione o assistere alla dinamica del fatto. Quello che suscita la passione del testimone e del lettore è il seguente interrogativo: che cosa è successo a partire dalle tracce che rimangono?

Nel gioco narrativo dell’autore si rende necessaria una ricostruzione attenta e un’ipotesi di lavoro che possa far prendere forma e autorizzare un racconto credibile, non fantasioso. In questo passaggio finale l’autore si gioca tutto il valore dell’opera e la fondatezza del suo messaggio principale.

C’è ancora un ultimo elemento da tenere presente: i testimoni del fatto, i protagonisti del racconto, non sono ispettori o cronisti distaccati emotivamente dagli eventi, ma personaggi che hanno un legame molto forte con quanto è successo prima, nel corso di tutta la narrazione e, specialmente, nella passione e morte di Gesù. All’esatta ricostruzione dell’evento si aggiunge il coinvolgimento e la volontà di comunicare un’esperienza personale e sconvolgente che porterà il discepolo, insieme a tutta la chiesa, a proclamare la risurrezione del Signore.

Tra luci e ombre

Maria Maddalena si reca al sepolcro quando è ancora buio al mattino. Siamo nella fase ultima della notte, ma il giorno non è ancora arrivato. Siamo ancora nella tenebra, ma la luce sta per nascere. Il sabato è passato, ma il giorno successivo, chiamato l’«uno dei sabati» (tê miâ sabbáton)1, il nuovo giorno, sta per cominciare. Non sappiamo se pensare al tramonto della festa e quindi alla bontà della creazione che ormai sta alle spalle, oppure ad una primizia del tempo mai assaporata prima. In questa condizione di ambivalenza e di passaggio si muove, tra le tenebre della paura e del lutto, il passo di una donna verso il regno della morte.

Il testo nasce in questo chiaroscuro dove non si sa ancora chi e che cosa avranno la meglio: se la vita sulla morte, la luce sulle tenebre o viceversa. Anche il participio ērménon («che era stata tolta») dal verbo áirō, usato per indicare l’oggetto della visione, è insolito e ambiguo: la pietra è stata alzata, sollevata, tolta.

Il fatto può essere interpretato in due modi: il cadavere sottratto con il risultato di una doppia sofferenza, come se al danno si aggiungesse anche la beffa. Oppure si può anche essere portati a pensare che il corpo del Signore sia sgusciato via dalla angusta prigione della morte, con la conseguenza di una forte emozione di gioia. La prima reazione di Maria di Màgdala dinanzi a quanto ha visto lascia pensare di più alla prima possibilità, cioè al trafugamento del cadavere. Corre per chiedere aiuto e attivare le ricerche, per dare una risposta al suo non sapere che contagia anche i discepoli e gli stessi lettori del testo.

Tra concorrenza e sostegno

I discepoli chiamati in causa dalla Maddalena sono Simon Pietro e l’altro discepolo, quello al quale Gesù voleva bene, figure di riferimento per la comunità che legge il Vangelo. Il primo per la sua missione di guida e di responsabilità all’interno del gruppo, il secondo per essere il rappresentante di ogni lettore modello, chiamato ad essere in un rapporto di comunione stretta col Signore e a vivere del suo amore. Entrambi escono e si dirigono verso il sepolcro, poi la marcia diventa una corsa. Da qui in avanti il testo si compone di tanti verbi di movimento che intensificano progressivamente la corsa dei due uomini dal luogo chiuso dove si trovavano fino all’ingresso all’interno del luogo della sepoltura. Vi si possono riconoscere l’ansia di arrivare prima possibile e la prontezza per cercare un rimedio, per venire in aiuto al grido di allarme della Maddalena.

Non si tratta di una gara a chi arriva per primo e neppure di una lotta per il primato all’interno della comunità. Il testo parla di ben altri problemi e, tuttavia, sottolinea che l’altro discepolo corre più velocemente di Simon Pietro. La tradizionale identificazione di questo personaggio con Giovanni di Zebedeo autorizza a pensare alla freschezza del più giovane tra i Dodici, il beniamino del gruppo più vicino al cuore di Gesù. Quello che dà maggiore spinta alla corsa di questo personaggio è, comunque, l’energia di bene e di amore che rincontro con il Signore ha sviluppato in lui. Egli rappresenta per tutti i lettori del Vangelo l’immagine positiva del discepolato, la bontà della relazione stabilita con il Verbo incarnato, un rimanere dinamico nella sua parola e nella sua profonda amicizia.

L’altro discepolo non è, dunque, concorrente di Simon Pietro, ma è un sostegno, l’altro volto dell’autorità e della responsabilità, colui che sa aspettare e considerare sempre quale sia il bene più grande per la comunità. Rappresenta un arricchimento della figura dell’apostolo per quello che riguarda un carattere imprescindibile della persona.

Tra avvolgimento e nudità

Oltre alla pietra, che è stata tolta dall’ingresso del sepolcro, le altre tracce che i discepoli dovranno seguire per capire quello che può essere accaduto sono: le bende del cadavere, nella collocazione e sistemazione in cui vengono rinvenute. Si tratta di due tipi di telo o lenzuolo, quello che avvolge il corpo e il sudario che circonda il capo perché il cadavere non rimanga con la bocca aperta. Uno è sistemato da una parte, l’altro è messo a distanza in un unico luogo, in un modo certo non facile da definire. Il participio che lo descrive è entetyligménos, dal verbo entylíssō e indica qualcosa che è avvolto e prende forma in relazione ad un altro oggetto o corpo, come se questo sia sgusciato via sgonfiando o facendo vedere le grinze del telo non più steso sulla misura del corpo.

La traccia delle bende del cadavere chiama in causa la considerazione di chi osserva (theōrêi) e cerca di decifrare il messaggio contenuto tra le piegature e le grinze dei tessuti. L’ambivalenza può indicare sia la morte che ha rubato anche il cadavere sia la vita che è sfuggita e non si è lasciata costringere da nessun indumento. La stessa nudità, come le bende, è ambivalente: può indicare la condizione di fragilità e di debolezza come pure la situazione di vita nuova e rinascita. Tocca ora all’intelligenza del discepolo valutare e riflettere, capire quello che può essere accaduto al sepolcro ed entrare in un’altra ottica.

Tra credere e non capire

L’ultimo passaggio del testo, anch’esso sotto il tratto di una certa ambiguità, è quello che riguarda la fede pasquale, che inizia a farsi strada verso la fine della narrazione, quando alla figura del discepolo arrivato per primo al sepolcro viene collegata anche la testimonianza circa la nascita del credente.

Il vedere del discepolo amato (êiden kài epísteusen), infatti, scava più in profondità negli avvenimenti e arriva non tanto a scoprire dove è stato messo il corpo, ma la verità su quanto accaduto e sulla traiettoria che il corpo ha potuto prendere nella direzione della vita e della luce. Sulla scia delle tracce rinvenute ha inizio per ogni discepolo l’itinerario della fede che, tuttavia, dovrà essere portato a maturazione e accresciuto da altre testimonianze che l’evangelista aggiungerà nel corso del capitolo. Le tracce del Risorto dovranno essere poi rinvenute anche nella Scrittura, letta alla luce degli eventi di Pasqua e su un livello di comprensione più alto. Nell’ambivalenza tra la fede incipiente e la mancanza di conoscenza circa il mistero della risurrezione passa la via che porta all’annuncio della Pasqua, il quale ha bisogno, tuttavia, di un approfondimento e di una intelligenza più grande che il discepolo dovrà raggiungere.

Tutto il racconto iniziale degli eventi del “giorno uno” dopo il sabato tende a dire, in conclusione, che la Pasqua non è semplicemente il lieto fine, quasi scontato, di una storia, ma un inaudito che sempre sconvolge la vita e attiva un processo di comprensione e di conversione.

  1. «L’uno dei sabati» o «l’uno della settimana». L’espressione richiama Gen 1,5 in dove il testo greco traduce l’espressione ebraica yôm ʾeḥad = giorno uno con hēméra mía. Viene usato l’aggettivo numerale cardinale e non quello ordinale «primo» (prōtē).

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