Lo sguardo bramoso di Lot

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Alla proposta di Abram (vedi post precedente) non segue alcuna risposta verbale da parte di Lot, ma il narratore si preoccupa di ritrarre lo sguardo di Lot, tanto da adottarne il punto di vista:

«10E alzò Lot gli occhi e vide tutto (kol) il distretto del Giordano, che era tutto (kullāh) irrigato – (era) prima che Yhwh distruggesse Sodoma e Gomorra – come il giardino di Yhwh, come la terra d’Egitto fino a Soar» (v. 10).

11E scelse per sé Lot tutto il distretto del Giordano, e si spostò Lot a oriente, e si separarono ciascuno da suo fratello. 12Abram abitò nel paese di Canaan, mentre Lot abitò nelle città del distretto, e piantò la sua tenda fino a Sodoma. 13Ma gli uomini di Sodoma erano malvagi e peccatori, per Yhwh, molto.

In modo fine il narratore coglie la disposizione interiore che alberga nel suo sguardo. Ci sono due termini che indicano toalità (kol, kullāh), altri indicano l’abbondanza di acqua (Giordano, «irrigato») ed infine un termine dal significato impreciso kikār che fa riferimento a qualcosa di rotondo e concluso1, per cui lo si può rendere come distretto o compartimento. Ciò che Lot vede è «come il giardino di Yhwh» (kegan-Yhwh) di Gn 2-3, come la terra di Egitto. Un territorio ricco di acqua e chiuso. Sono sufficienti poche penellate descrittive per risveglire il desiderio intenso che la vista di questo paesaggio lussureggiante risveglia in Lot, già del tutto sedotto.

Il quadro descrittivo presenta un inciso: «(Era) prima che Yhwh distruggesse Sodoma e Gomorra» che funge da voce fuoricampo destinata al lettore, il quale è consapevole che il luogo di cui si parla è un deserto salato, tuttaltro che favorevole alla vita e al benessere. Esso spiega che all’epoca in cui si svolge l’episodio era molto diverso. La sua funzione però non si limita solo ad avvertire il lettore che le apparenze spesso possono essere ingannevoli, come dimostrerà più avanti la narrazione (cfr. Gn 18 – 19), ma anche che Lot è affascianto da un luogo su cui incombe la maledizione divina. Così il lettore è istruito, per inciso, che Yhwh ha effettivamente trasformato un luogo fonte di bramosia in quello che la stessa bramosia riduce la realtà, ossia a deserto salato privo di vita.

Lo sguardo di Lot si avvicina a quello della donna nel giardino di Eden ben sottolineato dall’allusione al giardino di Yhwh. In quel frangente il tutto che la cupidigia rende desiderabile, perché, a dire del serpente che la personifica, il limite e la mancanza non hanno ragione di essere (cfr. Gn 3,5). Là la cupidigia comincia con lo sguardo rivolto all’oggetto desiderato2:

3,6: E vide la donna che buono … (wattēreʾ hāʾiššâ tôḇ).
12,10: E vide che era tutto irrigato (wayyarʾ kullâ mašqēh).

In aggiunta c’è da notare che il luogo che brama Lot è associato al paese d’Egitto dove, poco prima, Abram è stato sopraffatto da un accesso di cupidigia che lo ha spinto a scegliere la via più facile e redditizia. Così sembra fare anche Lot.

Concupito dal suo sguardo, Lot «scelse per sé tutto il distretto del Giordano». Spinto dal «tutto» «per sé» Lot si dirige verso oriente (v. 11a). Si tratta di una direzione che nel libro della Genesi suona sinistra: ricorda la direzione di Adamo ed Eva (Gen 3,24, secondo alcune traduzioni) e anche quella di Caino (Gen 4,16), dopo il loro peccato. È pure la direzione che presero gli uomini costruttori della torre di Babele (Gen 11,2). Nella Genesi la direzione verso oriente sembra evocare una scelta cattiva, ma Lot non sembra esserne consapevole perché sotto l’effetto della cupidigia crede che il suo bene sia il «tutto» del distretto di Gerico.

Il narratore continua la narrazione con una proposizione – «E si separarono ciascuno da suo fratello» (v. 11b) – che cronologicamente sembra fuori posto rispetto a quanto appena detto: «E si spostò Lot a oriente» (v. 11a). Infatti prima ci si separa e poi ci si sposta. In più quest’ultimo ordine rispecchia la proposta di Abram: «Separati da me, se tu prendi la sinistra, io andrò a destra …». L’inversione può quindi avere un suo perché. Infatti attira l’attenzione sulla separazione che non è di uno solo rispetto all’altro, come proponeva Abram («Separati da me»), da dei due, l’uno rispetto all’altro» («Si separarono»). Probabilmente non si tratta solo di una separazione geografica ma questa rimanda ad una separazione più profonda che riguarda l’atteggiamento interiore, così diverso, di Abram da Lot: lo zio rinuncia a rivendicare il suo diritto facendo posto al desiderio del nipote, quest’ultimo cede alla cupidigia, forse anche perché non ha trovato davanti al suo desiderio nessun limite che nel caso specifico potrebbe essere stato il desiderio di Abram. Si deve affermare che il rifiuto del conflitto da parte di Abram ha prodotto la cupidigia di Lot come effetto secondario? Non lo si può né ammettere né negare. Un dato è certo: la cupidigia ha diversi modalità di presentarsi e questo richiede la massima attenzione del lettore. Come ha appreso da Gn 3 la cupidigia è un serpente astuto!

I versetti conclusivi 12-13 che fanno da risoluzione e poi da epilogo nuovamente sottolineano l’opposizione fra i due «fratelli». La loro costruzione chiastica contrappone i destini dello zio e del nipote3:

12Abram abitò nel paese di Canaan,                                                  A
mentre Lot abitò nelle città del distretto,                                          B
e piantò la sua tenda fino a Sodoma.
13Ma gli uomini di Sodoma                                                                   B’
erano malvagi e peccatori, per Yhwh, molto.
14E Yhwh disse ad Abram                                                                      A’
dopo che Lot si fu separato da lui:
«Alza gli occhi … tutto il paese che vedi, lo darò a te…».

Una prima contrapposizione è data dalla terra dove ognuno abiterà: per Abram si tratta del paese di Canaan, dove il lemma ʾereṣ fa riferimento a un territorio ampio e vasto; la scelta di Lot è per le città del «distretto», dove già abbiamo detto che il termine  kikār richiama uno spazio concluso. Poi il lettore scoprirà che Lot si limiterà alla sola città di Sodoma. Una seconda opposizione chiama in causa la relazioni con Yhwh e la terra: la terra di Sodoma dove Lot ha deciso di abitare è popolata di malvagi e ribelli agli occhi di Dio, mentre quest’ultimo mostra ad Abram «tutta la terra» dove abita, quella che promette di dargli. Wénin vede in questo l’effetto della posizione che ognuno dei due tiene di fronte alla cupidigia: per chi dà spazio nel suo cuore alla cupidigia lo spazio diventa via via sempre più ristretto, mentre chi la “domina” vede aprirsi davanti a sé ampi spazi.

Lot sceglie per sé le città del distretto e pianta la sua tenda fino a Sodoma. Nel libro della Genesi la città non gode di molta stima da parte del narratore. La prima è fondata da Caino, un fratricida, e porta il nome di suo figlio, Enoc (cfr. 4,17). Segue poi Babele, la capitale del re Nimrod, «potente cacciatore» leggendario (cfr. 10,8-10). Edificata attraverso la negazione degli individui e il rifiuto della differenza (cfr. 11,1-9), partorirà gli imperi di Assur e Babilonia (10,10-11). Nel nostro passo la caratterizzazione negativa della città è data da un inciso: «Ora gli uomini di Sodoma erano malvagi» (v. 13a). Nell’economia narrativa del ciclo di Abramo il v. 13 è, come il v. 10, una prolessi che precisa come la futura distruzione di Sodoma e Gomorra sarà dovuta alla colpa dei suoi abitanti. La loro malvagità gli rende colpevoli agli occhi di Yhwh. C’è nella dinamica narrativa una sorta di legge del contrappunto: la trama narrativa attira l’attenzione su questa città così diversa dalle apparenze che hanno catturato lo sguardo di Lot e risvegliato la sua cupidigia. Il lettore intuisce che il nipote ha fatto una scelta infelice se con cattiva. In questo modo il narratore avvia un filo narrativa che nel prosieguo del racconto svilupperà. Per ora Lot crede di essersi installato in un “nuovo” paradiso, mentre il lettore ne resta dubbioso.

  1. Cfr. L. Alonso Schökel, Dizionario di Ebraico Biblico, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2013, 386-387.
  2. Cfr. Hamilton, Genesis 1–17, pos. 6980. Sulla forza del vedere come principio di seduzione cfr.  A. Wénin, Il serpente e la donna, o il processo del male secondo Genesi 2-3, in «Concilium» 1 (2004), 55-65.
  3. Per la costruzione chiastica cfr. Wénin, Abramo e l’educazione divina, 48.

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