Lot nipote di Abramo

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Lot e la sua famiglia fuggono da Sodoma di Jacob Jordaens.

Nipote di Abramo, figlio di suo fratello minore Aran, ha un destino abbastanza strano, legato in gran parte a quello di suo zio. Lascia Ur con lui e con suo nonno Terach. Dopo la morte di Terach, rimane con Abramo fino a quando si separano dopo il soggiorno in Egitto (cf. sul motivo della separazione cf. il post).

Lot allora si insedia a Sodoma con la sua famiglia (sull’insediamento cf. il post). Quando arrivano gli angeli del Signore per distruggere la città, Lot li accoglie in casa sua e fa preparare per loro un pasto con pane senza lievito (Gen 19). Durante la notte, gli uomini di Sodoma si presentano alla sua porta e reclamano per loro i suoi ospiti:«Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!» (Gen 19,5). Lot, rischiando la sua stessa vita, si oppone alla richiesta e il pronto intervento degli ospiti misteriosi, che accendano quegli uomini malvagi, lo salvano.

Gli angeli consigliano fortemente a Lot e alla sua famiglia di lasciare in fretta la città che sarà distrutta, perché «gli uomini di Sodoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore» (Gen 13,13). Lot invita i suoi futuri generi a partire con loro. Essi rifiutano, credendolo uno scherzo. Al mattino, gli angeli insistono ancora perché Lot se ne vada immediatamente, con sua moglie e le sue figlie. Di fronte alle loro esitazioni, gli angeli li prendono per mano e li portano fuori dalla città. Dio propone sempre un cammino di libertà, ma talvolta deve usare l’autorità.

Gli angeli ordinano allora a Lot di fuggire velocemente e di non voltarsi quando il fuoco del cielo colpirà la città. Ma sua moglie si volta. Immediatamente viene trasformata in una statua di sale (Gen 19,26).

Se in questo aneddoto si può vedere un riferimento alle concrezioni del deserto che evocano talvolta delle forme umane, è interessante anche vedervi l’aspetto simbolico. In primo luogo, l’uomo è invitato a non voltarsi indietro sul proprio passato; lo sguardo sul passato è distruttivo. Inoltre, la moglie di Lot viene trasformata in una statua di sale, il sale che è nello stesso tempo portatore di morte, come l’acqua del mar Morto, ma anche di vita, come dirà Cristo: «Siete il sale della terra, ma se il sale diventa insipido, con che cosa si salerà?».

In questo racconto, è interessante notare che Dio, in certo qual modo, risponde a una preghiera non formulata da Abramo, che non può ignorare la presenza di suo nipote nella città che il Signore vuole annientare (Gen 18,20-32). È una meravigliosa scena di contrattazione: «Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi distruggere?»; poi quarantacinque, poi quaranta… Abramo ferma la sua supplica a dieci giusti. E Dio distrugge la città. Abramo non chiede a Dio di salvare suo nipote. Ma Dio sente la preghiera nel cuore di Abramo. Salva Lot e la sua famiglia. La preghiera dell’uomo non va mai abbastanza lontano.

Padre di due popoli

Lot si ritrova dunque, dopo la morte della moglie, solo con le due figlie. Va a vivere in montagna. Ma in questo luogo deserto non ci sono uomini così che le sue figlie possano dargli una discendenza. Allora usano uno stratagemma: ubriacano il padre per due notti di seguito e, approfittando della sua incoscienza, si concedono a lui. Da queste unioni nascono due bambini. Il primo, chiamato Moab, è l’antenato dei moabiti; il secondo, Ben-Ammi, è l’antenato degli ammoniti (Gen 19,30-39).

Al tempo in cui questo racconto viene redatto, i moabiti e gli ammoniti sono in conflitto con Israele. Il racconto è un modo per il redattore di stigmatizzare questi popoli. Ma l’informazione è anche un modo di riconoscere loro una vicina parentela. Tuttavia, la parentela con Abramo non è nella linea voluta da Dio. Essa quindi afferma la supremazia voluta da Dio del popolo di Israele su tutti i popoli della regione.

Nella storia di Lot si può anche vedere un parallelo con quella di Abramo, attraverso le due discendenze che Dio gli dà in circostanze molto particolari.

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