I Magi: una questione di scelta!

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Bramantino, National Gallery, Londra.

Prima di procedere a spiegare il Vangelo dell’ “Adorazione dei Magi” di Mt 2,1-12, devo fare una premessa.

I vangeli dell’infanzia di Matteo e di Luca sono una sorta di anticipazione di quel grande mistero che non avrà testimoni: la risurrezione. Essi, infatti, sono una potente sintesi teologica della seguente narrazione evangelica e come tali devono essere compresi solamente nella luce del mistero pasquale di passione, morte, risurrezione del Signore.

Nel brano della Adorazione dei Magi (Mt 2,1-12), Matteo presenta Gesù come il re dei Giudei, davanti al quale ogni persona è chiamata a scegliere tra accoglienza e rifiuto: mentre i lontani si avvicinano, i figli del Regno rischiano di rimanere fuori (8,11-12). Il centro del nostro brano non è dunque una “bella” narrazione, ma una domanda radicale: io, da che parte sto? chi pongo al centro della mia vita?

A questa domanda Matteo risponde mettendo a confronto le scelte di personaggi diversi:

1. I Magi: sono un piccolo gruppo, sono stranieri di cui non si conosce la patria, ma compiono un lungo percorso per incontrare Gesù. Vaghi segni celesti sono sufficienti per porli in cammino alla ricerca di Colui che non conoscono. Al termine del loro viaggio adorano Gesù, riconoscendolo come Re e Dio.

2. Erode e gli abitanti di Gerusalemme: vivono nella città santa a pochi chilometri da Betlemme, eppure non solo non si sono accorti della nascita del Messia, ma anche dopo averne ricevuto l’annuncio non si muovono. Conoscono le Scritture ed hanno la capacità di interpretarle, ma non credendo in esse non trovano la Salvezza. Per questo cercano di eliminare il bambino.

Dopo questa premessa, leggiamo il testo (per rileggerlo qui).

La partenza

Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme (v. 1). L’identità e la patria dei Magi rimangono avvolte nel mistero. Il vago riferimento all’oriente, la loro domanda riguardo al re dei Giudei e la designazione rabbinica dei Gentili come “adoratori delle stelle” li identifica come stranieri, rappresentanti dei non-Giudei, che ora, al tempo dell’evangelista, aderiscono in grande numero al cristianesimo.

L’oriente richiama il tema dell’universalità della salvezza, ripreso più volte da Matteo: nella genealogia iniziale Gesù non è solamente «figlio di Davide», ma anche «figlio di Abramo» (1,1), colui nel quale tutte le famiglie della terra saranno benedette; all’inizio del ministero pubblico di Gesù l’evangelista ricorda la profezia di Is 8,23 – «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!» (4,15) – e conclude il suo racconto con l’invio dei discepoli a tutte le nazioni (28,19).

Indicando un centurione pagano come modello di fede, contempla il momento in cui ebrei e gentili, provenienti da oriente e occidente, si siederanno insieme alla mensa del Regno (8,10-11).

La sua stella

La ricerca dei Magi è guidata dalla «sua» stella (v. 2). Pur condividendo la convinzione comune nell’antichità, secondo cui alla nascita di un uomo si accende una stella nel cielo, per la comunità di Matteo il segno della stella ha un significato ulteriore, colmo di risonanze bibliche:

  • L’oracolo di un profeta straniero, Balam: «una stella che spunta da Giacobbe» (Nm 24,17).
  • La profezia di Isaia: «Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» (Is 60,3).

La «stella» è per loro il segno del Messia che si è levato nel cielo della storia, per illuminare l’umanità e attrarre le genti alla sua luce.

A Gerusalemme

I Magi ricercano il «re dei Giudei». È un termine che incarna tutte le aspettative di Israele, utilizzato al tempo di Gesù come uno dei titoli messianici. Nelle Scritture il re è:

  • Il rappresentante di Dio presso il proprio popolo per garantire giustizia e pace (Is 11,2-8).
  • Il pastore chiamato a condurre con amore il proprio gregge (Ez 34,11-15).
  • L’unto del Signore inviato a riportare gli uomini a lui (Is 49,1-6).

Lo stesso titolo tornerà ripetutamente al termine della narrazione evangelica, come capo di accusa durante il processo (cf. Mt 27,11.29.42) e come motivazione della condanna a morte di Gesù: «Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: Costui è Gesù, il re dei Giudei» (Mt 27,37).

Chi è il re?

L’esperto narratore Matteo sottende al racconto questo interrogativo: Chi è il vero re d’Israele: Erode o Gesù?

Il popolo di Gerusalemme rifiuta il vero re e si allea con una regalità umana, falsa e violenta, incarnata in Erode: egli riproduce i tratti di qualunque oppositore della salvezza, dal Faraone fino alle potenze che stanno perseguitando la comunità di Matteo. E il simbolo del potere cieco, che cerca di conservare la propria autorità distruggendo gli altri, visti come concorrenti e nemici. La riunione dei capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo (v. 4) attorno ad Erode anticipa l’assemblea che decreterà la condanna a morte di Gesù: già al suo apparire egli è segno di contraddizione, spada destinata a lacerare ogni falsa sicurezza, a mettere a nudo la realtà di ciascuno.

La “stella del re” guida i Magi all’incontro con le Scritture d’Israele, con la parola di Dio affidata al popolo dell’alleanza. La risposta immediata di sacerdoti e scribi dimostra la loro conoscenza delle Scritture, l’abilità nell’interpretarle. Ma tutto ciò non basta: non basta conoscere la Parola, occorre viverla per non trasformarla in un idolo morto. In altre parole, Matteo mostra un rischio sotteso ad ogni forma religiosa: la vicinanza rende ciechi. Possiamo compiere miracoli e dare la vita invocando il nome del Signore senza essere da lui conosciuti (7,22-23), perché il nostro cuore non è in sintonia col suo (11,28; 25,40.42).

Illuminati dalla Parola i saggi riprendono il cammino: fuori di Gerusalemme, percorrendo la strada indicata dalle Scritture, la stella riappare. La loro reazione è la gioia, che per Matteo è il segno dell’adesione a Cristo. La loro gioia scaturisce da una fede in ricerca perché ancora non hanno incontrato Cristo: cercare Cristo libera dalla paura, dall’ansietà, dalla difesa ad oltranza del proprio potere e della propria autorità. Questa gioia, che Luca chiama Shalom-Pace (2,14), è il tesoro per cui vale la pena di vendere tutto (13,44-45).

L’incontro

Entrando nella casa trovano il bambino e la madre: ad essi si prostrano ed offrono doni. La prostrazione indica la confessione di fede; i doni indicano l’operosità che ad essa segue. Lungo i secoli ai doni si sono attribuiti significati particolari: oro – accoglienza della regalità di Cristo; incenso – riconoscimento della sua divinità; mirra – profezia della sua morte: «Oro, incenso, mirra: al re, al Dio, all’uomo» (Giovenco).

Probabilmente non c’è un significato peculiare per ogni dono, piuttosto i doni, nel loro insieme, segnalano al lettore attento che le profezie antiche si sono realizzate in Gesù, il re d’Israele (Sal 72,15; Is 60,6). Se l’evangelista avesse, per esempio, inteso la “mirra” come profezia di morte, l’avrebbe probabilmente indicata tra gli unguenti utilizzati o preparati per ungere il corpo di Gesù dopo la sua morte, come ha fatto Giovanni (cf. Gv 19,39). Possiamo invece notare che Matteo non menziona nessuna unzione in relazione alla morte o alla visita delle donne al sepolcro (cf. Mt 27,59-60; 28,1). Inoltre nell’Antico Testamento il termine “mirra” non ricorre mai in relazione con l’unzione funebre, ma con la regalità e l’amore (Sal 44,9; Ct 3,6; 4,6.14; 5,1.5.13). Uniche eccezioni sono Es 30,23 e Sir 24,15, dove è menzionata in un contesto cultuale.

Per un’altra strada

«Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (v. 12). Il brano termina con il riferimento al “sogno”, utilizzato dall’evangelista come mezzo di rivelazione della volontà di Dio (1,20): è il segno che la storia non è gestita dai potenti, ma da Dio che svela i segreti dei cuori e protegge chi ama.

Matteo annota che i Magi fanno ritorno per un’altra strada: la frase non indica soltanto la decisione di evitare Gerusalemme, ma anche, e forse soprattutto, la trasformazione operata in loro dall’incontro con il Messia. Sono persone nuove, con progetti nuovi. Al termine del loro percorso i Magi scompaiono dalla storia perché il loro volto diventi il volto di ogni uomo in cammino, in ricerca. In quanto ad Erode, la non adesione a Cristo genera in lui progetti di morte (2,16).

E noi? Da che parte stiamo?

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