La tua luce sorgerà come l’aurora

Is 58,7-10

La quinta domenica del tempo ordinario presenta come prima lettura un brano tratto dalla terza parte del libro del profeta Isaia.

⁷ Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
⁸ Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
⁹ Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
¹⁰ se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.

Il profeta immagina il Dio di Israele che risponde in prima persona alla lamentela di chi era tornato dall’esilio di Babilonia sano e salvo e ora stava facendo i conti con la fatica della ricostruzione. Infatti, i rimpatriati andavano dicendo che era inutile il digiuno perché il Signore, Dio di Israele, non ascoltava ed esaudiva le richieste del popolo.

Il profeta ha così l’occasione di precisare “come” dev’essere il digiuno che Dio desidera. Sono tre le caratteristiche: dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, vestire chi è nudo senza trascurare i parenti (v. 7). Queste tre espressioni del desiderio di Dio, che va oltre della Legge, formulano il comandamento dell’amore che è a fondamento di ogni azione.

La conseguenza di questo atteggiamento di amore è paragonata al sorgere della luce: «Allora la tua luce sorgerà come l’aurora» (v. 8). Lo stesso paragone sta alla base del detto di Gesù1: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone» (Mt 5,16).

Isaia però ricorrere anche ad altre metafore. Anzitutto a quella della ferita che si rimargina presto (v. 8a): fare del bene al prossimo fa innanzitutto bene a chi lo compie. Promette quindi un cammino sereno della vita, perché il giusto sarà preceduto dalla sua giustizia e sarà seguito dalla manifestazione della gloria del Signore, cioè dalla sua presenza potente che protegge e difende.

I versetti finali 9-10 riprendono quanto detto, precisando le condizioni richieste perché si concretizzi la salvezza del Signore. Innanzitutto ci sono tre cose che non bisogna fare: evitare ogni tipo di oppressione sociale, smettere di lanciare false accuse nei tribunali e mettere un freno agli attacchi verbali per distruggere socialmente una persona. Vengono poi annunciato due condizioni positive: dare all’affamato ciò che serve per la vita e saziare la vita di chi è stato piegato dalla violenza.

A chi del popolo adempie queste condizioni il profeta annuncia radiose promesse, riprendendo l’immagine della luce: «Allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio» (v. 10). L’allusione alla ricostruzione delle antiche rovine richiama il programma di ricostruzione e consolidamento della città di Gerusalemme e delle sue mura messa in atto da Neemia quando gli esiliati sono tornati a Gerusalemme dopo l’esilio babilonese. Per il profeta la vera ricostruzione della città non parte dal rifacimento delle mura ma dal rinnovamento della vita che risponde all’amore di Dio con l’amore al prossimo.

  1. È il Vangelo di questa domenica.

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