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Guai a chi si gloria!

Salmo 75

La Bibbia ha una profonda convinzione: gloriarsi, insuperbirsi è un’offesa alla maestà divina; l’arroganza di ritenersi importanti e di godere di un potere, svincolato da qualsiasi limite, è soggetto al giudizio di Dio. Il Sal 75 è un canto di lode a Dio che giudica i malvagi arroganti e superbi.

Leggendolo ci si accorge subito che il Salmo è un collage di generi letterari. Infatti si apre con una lode comunitaria che ringrazia Dio, vicino grazie all’invocazione del suo nome, per le sue opere meravigliose (v. 2). L’orante poi presta la sua voce a Dio (vv. 3-5). Dio ha fissato un tempo preciso per il giudizio; nonostante che la terra e i suoi abitanti precipitino nel caos, Dio ne conserva la stabilità. Infatti, tempo e mondo, storia e cosmo sono soggetti alla sovranità divina; Dio avverte i malvagi che si vantano a non sopravvalutare né il loro potere né la loro importanza.

L’ammonimento è ripetuto dal salmista una seconda volta al v. 6, esplicitandone le motivazioni teologiche (vv. 7-9). I malvagi dovrebbero guardarsi bene dal auto-gloriarsi e auto-incensarsi, perché è solo Dio colui «che abbatte l’uno ed esalta l’altro» (v. 8) ed Egli farà sicuramente bere agli arroganti il calice del giudizio fino alla feccia (v. 9).

A questo punto il salmista fa voto di dichiarare questa verità sempre, cantando le lodi del Dio d’Israele (v. 10). Il cantico si chiude con una nuova dichiarazione che rimarca la verità affermata in precedenza, ma ora la forma assunta è quella dell’oracolo divino: Dio piegherà la fronte dei malvagi, mentre innalzerà quella dei giusti (v. 11).

La coppa del giudizio

Il salmo raffigura Dio come giudice di tutta la terra. Tale ruolo giudicante come il compito di essere equo sono tipiche funzioni legate alla regalità, in questo caso quella divina. Il dominio del Signore sul caos, che ha permesso di rendere stabile il mondo, e il regno di Dio sugli abitanti della terra sono fra loro legati strettamente (cfr. v. 4 con Sal 24,1-2).

Dio giudica le nazioni e le società analogamente a come ha creato il mondo e lo conserva. Un’attività estende e completa l’altra. Nel regno di Dio, creazione e giudizio sono uniti. Dio corregge e governa gli affari umani abbassando l’uno e innalzando l’altro (cfr. v. 8): i malvagi superbi sono abbassati e gli umili giusti sono esaltati (cfr. v. 11). Nel Nuovo Testamento il canto di Maria riprenderà questo tema.

Il salmista ricorre a una immagine molto comune tra i profeti legati all’esilio babilonese, i quali la usavano per personalizzare e drammatizzare il giudizio: Dio ha una coppa il cui contenuto è il destino stabilito dalla sentenza divina per quanti sono sottoposti a giudizio ed egli ne riempirà un calice perché tutti i malvagi della terra ne bevano1.

Il tempo di quando questo accadrà è sconosciuto all’uomo ma ben presente a Dio. L’oracolo divino del v. 3 afferma chiaramente che il Signore fisserà per il giudizio un’ora stabilita. Nel libro del profeta Abacun «il tempo stabilito» è la fine dell’odiosa dominazione del regno di Babilonia (Ab 2,1-3), ma nel caso del salmo l’attesa, che la coppa del giudizio sia versata per tutti i malvagi della terra (cfr. v. 9), riguarda ogni generazione fino alla fine del tempi. In questo senso il Sal 75 assume una portata escatologica2.

I destinatari

L’avvertimento del salmo è destinato ai malvagi che, tronfi, si vantano e alzano la “cresta” verso il cielo, letteralmente alzano il «corno» (qeren). Il corno è un’immagine con cui la Bibbia raffigura il «potere» e la «potenza». Il motivo letterario dell’«innalzamento, innalzare» (rûm) è un punto centrale del salmo, come le diverse ripetizioni del verbo dimostrano. Inoltre, esso è ciò che caratterizza i malvagi (vv. 5-6).

Pretendere di «innalzare» qualcosa o qualcuno significa arrogarsi un potere e una prerogativa che appartengono unicamente a Dio (cfr. v. 8) e non sono appannaggio di nessun altro essere, tanto meno dell’uomo (v. 7). Di conseguenza, quando i malvagi «alzano il corno» pensano di impadronirsi proprio del diritto e del potere di Dio, si voglio fare «come Dio»; è la tentazione che il serpente ha mosso nei confronti della prima coppia: «diventerete come Dio». A questo punto Dio dimostrerà che, egli sì, ha potere e lo farà innalzando i giusti (v. 11). In questo modo manifesterà a chi appartiene il potere e la gloria.

Com’è tipico dei salmi, anche il nostro salmo non offre indizi tali che permettano di identificare chiaramente i malvagi. Se leggiamo la preghiera salmica sullo sfondo di Abacuc, il profeta che si scagliò contro la potenza di Babilonia, allora i malvagi sono tutti quei “poteri mondani arroganti” che pensano di essere loro il vero e solo potere della storia. In effetti, il termine hôlᵉlim, reso con «vanagloriosi, boriosi», nei casi in cui ricorre nel Salterio (cfr. Sal 5,5; 73,3), qualifica quelli che nel popolo sono arroganti a motivo del potere che hanno o che si sono conquistati.

Il Salmo mette in guardia i credenti sia nei confronti di lobby di potere internazionali o nazionali, economiche o finanziarie, sia dalla tentazione di assumere essi stessi una mentalità e uno stile di vita che si arroga il potere di “farsi” come Dio.

La lezione che il salmo consegna alla comunità credente è che nel regno di Dio – e Gesù ci ricorda che il Regno di Dio è vicino in ogni epoca – «chi si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato» (Mt 23,12).


  1. Cfr. Ger 25,15; 49,19; Ez 23,32-34; Is 51,17; Ab 2,15-16.
  2. Nell’Apocalisse di San Giovani la coppa dell’ira è un elemento del giudizio finale. Cfr. Ap 14,10; 16,19; 18,6.
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